The Shadow of the Wind

Carlos Ruiz Zafón, 2001

È l'Ing. a suggerirmi The Shadow of the Wind giusto un anno fa. Incuriosito, lo acquisto alla prima occasione, e mi piazzo in poltrona a leggerne il primo capitolo. Qualcosa non va: avanzo lentamente, ed inciampo infastidito su aggettivi, frasi, descrizioni. Lo appoggio sul tavolo dopo pochi minuti, e lo guardo da lontano, accigliato.

Ho aperto il libro più volte lo scorso anno, ed ogni volta l'ho abbandonato nelle prime pagine. Ad un certo punto l'ho rimesso sullo scaffale, aspettando lo spazio-tempo mentale corretto. Ho riprovato di recente, la testardaggine rinvigorita dalle vacanze, e sono riuscito a superare il primo ostacolo. Ed una volta in movimento, la quantità di moto ha superato l'irritazione, e sono arrivato alla conclusione in pochi giorni. Ma questo libro è stato un 3000 siepi: non il mezzo-fondo di un mattone storico, non lo sprint intenso di un 400-ostacoli, ma una sofferta media distanza dove le barriere si ripetono, sono impossibili da ignorare, ed ogni tanto ti lasciano zuppo.

“The Shadow of the Wind” è il racconto di un bambino che trova un libro semi-sconosciuto, e cercarne l'autore diventa un'ossessione. Con il passare degli anni, la ricerca lo porta a contatto con personaggi strani, disturbati, o direttamente pericolosi. Ma alla fine, vivrà felice e contento. È un libro che vuole fare tante cose: è un giallo, un romanzo storico, una storia d'amore. Ma soprattutto, è un ammasso di dramma, diffuso nella storia principale ed in tante, tante trame secondarie. I buoni sono buoni, trascinati da passione e sentimenti buoni, ed i cattivi l'opposto.

Ho più di un problema con questo libro. Il primo scontro è stato con il linguaggio, con le descrizioni poetiche e semi-gotiche che si susseguono senza tregua. La Barcellona del dopo-guerra, che potrebbe essere un luogo interessante e particolare, è vuota, ridotta ad ombre-luci-nubi-albe metaforiche ed immateriali. Tutto molto poetico, ma artificiale e senza vita. Poi ci sono i personaggi secondari, sempre incontrati per coincidenza. Sempre pronti ad aprire una nuova trama: improvvisamente vogliono raccontare al protagonista una marea di cose, se non la loro intera vita. E la loro vita, poverini, è di solito dedicata alla nicchia narrativa che la storia dei protagonisti richiede. Ogni volta mi ritrovo sbattuto fuori dal libro, a cercare di accettare l'implausibile, la sospensione spezzata da questi improvvisi cambi di rotta. Oppure dai monologhi in cui un personaggio spiega profondi misteri della vita, con dettagliate disquisizioni e parentesi—letteralmente fra parentesi!

Nel suo intricato intrecciarsi di trame, mi ricorda un po' The Fisherman. Ma dove quello si addentra nel racconto del racconto con una piacevole fluidità, ed ogni livello si riflette negli altri dandogli significato, qua ho trovato solo sbalzi forzati.

Nonostante l'accumulo di dramma—a livello soap-opera—non è un libro pessimo, alla fine. L'ho finito, ma non lo consiglio.