Molto dopo mezzanotte

Sono sempre sorpreso dal potere dell'orologio biologico. Qualcosa di inconscio dentro di voi ticchetta a suon di amminoacidi e tiene traccia del tempo che passa ---tic--- conta i secondi che non vi accorgete di vivere ---tac. Al momento giusto, a volte, pronuncia una sola parola che galleggia fino al conscio e diventa imperativo. “Ora.”

Gli occhi si spalancano e sono sveglio. Sono le 4:05, e l'allarme delle 4:07 non ha bisogno di suonare. Scarpe, non ho messo le scarpe nere nello zaino. Mi alzo e raggiungo il frigo, in cerca di una scusa per lavare i denti. Il fondo del cartoccio del latte si presta allo scopo. Poi torno in camera per completare l'ennesima meraviglia della compressione di mille oggetti nel consono volume 50×45×20. Lo zaino passa da pieno a PIENO, ma potrei incastrarci ancora un libro. Solo la pietà mi ferma, o il sonno. Barcollo verso la porta.

Il tragitto fino alla stazione è giustamente deserto. Una manciata di gabbiani si aggira dubbiosa sui marciapiedi, come una compagnia oziosa appena uscita da un pub sulla via. Il più intraprendente ha trovato un scatola di cartone con un vago odore di pizza, e la trascina cercando di aprirla con il becco. Guai se l'evoluzione dovesse donargli un paio di mani. Due taxi scivolano borbottanti sul selciato, luce arancio accesa come pesci dell'oceano più profondo. L'unica altra persona sulla strada svanisce veloce ad un incrocio, quasi non si sentisse in diritto di camminare. Le quattro e mezza sono un po' l'ora alla quale non si è mai certi di esistere.

Cinguettio di uccelli ed eterno espirare di condizionatori. Dalla stazione si alza il pulsante e ritmico ronzio della manutenzione, ed i primi insetti con giubbino arancio si aggirano fra i vagoni. Proseguo oltre e infine metto piede su un autobus assopito nella sua piazzola.

Aeroporto, arrivo.