The Player of Games

Iain Banks, 1988

L'autunno scorso, Consider Phlebas mi aveva lasciato un po' incerto: interessante certo, ma troppo simile a Matter; forse non era saggio infilarmi in una lunga serie di fantascienza tutta uguale. I due libri erano però un buon intrattenimento: divertenti, intricati, non ovvi. Ripensandoci, stavo cominciando a riconsiderarne la lettura, un libro all'anno, con tranquillità. Poi è arrivato Cippu: da buon maniaco di giochi da tavolo mi ha suggerito The Player of Games. Quando mi è saltato all'occhio in libreria ed ho notato che era il successivo libro della serie, la decisione era presa.

L’ambientazione è la solita: the Culture (che da il nome alla serie) è una civiltà galattica che si immischia negli affari spaziali altrui. In questa storia sono gli affari di un impero guardingo ed ostile, in cui la gerarchia dei funzionari, fino all'imperatore, fa carriera in base ad un torneo di un enorme ed indescrivibile gioco da tavolo. Anzi, tre tavole, grosse come stanza, che supportano una marea di meccaniche.

Il protagonista è una specie di accademico dei giochi: li studia, inventa, e gioca di mestiere. Ed è abituato a vincere. Il gioco dell’impero è forse troppo complesso, ma il dipartimento impiccione de the Culture lo convince a visitare il torneo per dare... un’occhiata. L’obbiettivo non è chiaro, l’ambasciatore che lo accompagna è di solito ubriaco, e la popolazione locale gli da il benvenuto con vari livelli di ostilità. Per alcuni è un buffo alieno, per altri uno di quei nemici “pericolosi ma facili da battere”. Varie intelligenze artificiali osservano gli eventi con inscrutabili piani. Resta un libro di Iain Banks, quindi sono garantite gloriose esplosioni.

La storia si chiarisce pian piano, e verso la metà del libro le pedine della trama iniziano a fremere, pronte a muoversi. Mi sono trovato a sorridere, pregustando l’inevitabile—e speravo catastrofico—finale. Tre giorni dopo avevo divorato il resto: una volta messo in moto, il libro non si ferma, e ti obbliga a leggerlo.

Ripongo il volume sullo scaffale, accanto agli altri due, e ringrazio Cippu. Passerà un anno magari, ma andrò a cercare il prossimo.