Neverwhere

Neil Gaiman, 1996

Per qualche motivo mi dimentico di Neil Gaiman con sorprendente frequenza. Ne ho letto un libro dieci anni fa, forse un altro poco dopo, e sebbene sia al corrente di altri suoi titoli interessanti, svaniscono facilmente dal mio radar —non sono uno che tiene una lista dei libri da leggere, sarebbe troppo lunga.

Il Natale mi ha riportato all'attenzione Neverwhere nel miglior modo possibile: sotto forma di copia cartacea nelle mie mani, in una recente edizione, meravigliosamente illustrata qua e la sui margini e nel testo.

In vacanza in Italia, ho potuto prendere la mia scomoda posizione preferita, di traverso sul letto nella mia vecchia stanza, e dedicarmi alla lettura. In quella posizione ho digerito numerosi volumi, spessi e sottili, non di rado fino alle 2 o 3 di notte —incurante del treno delle 7:29 che avrei dovuto prendere la mattina seguente.

Neverwhere mi è durato quattro giorni, rapido ed inaspettato come un treno diretto quando uno si annoia lungo la banchina della stazione. E come il diretto solleva foglie e cartacce che tentano per un istante di tenerne il passo nella turbolenza, il libro ha messo in moto un sacco di pensieri, che si stanno quietando solo adesso dopo un paio di settimane.

Con la fantastica Londra di Sotto, Gaiman traccia un parallelo con la situazione di vagabondi, senzacasa, mentre pone in costante dubbio realtà ed equilibrio mentale. E questi si collegano con la storia di Chris, il mio vicino “insolito”. Una storia di crimine, alcool e complessità. Ho esplicitamente deciso di non scriverne, nell'impossibilità di spiegarmi con correttezza e completezza, e forse nel tentativo di lasciarla nel passato. Alcuni ne conoscono la vaga sequenza ed i dettagli più curiosi, ma il resto rimane solo come nuvolosa e dubbia memoria.

Quello che Chris mi ha raccontato un paio di notti, seduti sul pavimento, nell'entrata del nostro palazzo, aveva la stessa vena di irrealtà di Neverwhere. Bande di motociclisti, distanti principesse, crimini internazionali. Paranoia, solitudine, bottiglie vuote di whisky. Ed io a sporgermi sull'orlo della sua storia, a guardare giù nell'impossibilità di separare gli eventi reali, la loro decorazione, e la completa invenzione. Ma Chris non vive più in questo palazzo dall'estate scorsa, unico collegamento fra le nostre vite.

Ho portato il libro con me in Scozia, al mio ritorno il primo gennaio. Uscendo di casa presto, la mattina seguente, ho trovato Chris addormentato davanti alla soglia dell'appartamento in cui abitava. Ho chiuso la mia porta in silenzio, e sono scivolato fuori dall'edificio. Al mio ritorno era sparito, forse nella Edimburgo di Sotto.