Feet of Clay

Terry Pratchett, 1996

La serie del Discworld contiene trenta, forse quaranta libri. Mi ci sono avvicinato in modo disordinato, in parte spinto dal Venza. Ne ho ascoltati i primi sotto forma di audiolibro, mentre un numero impreciso ho letto in ordine sparso. Al tempo non ho preso appunti, e quei libri ricadono quindi nella preistoria.

Più di recente è apparsa una nuova edizione rilegata, ed attratto dalla superficie piacevole al tatto ne ho portato a casa un paio. Prima ho letto Night Watch, e questa volta ho pescato Feet of Clay, per continuare la serie sulla Guardia di Ankh Morpork. Il disordine continua, visto che Night Watch è stato pubblicato nel 2002, e quest’ultimo nel 1996. Ma poco importa: i personaggi principali sono già tutti li, ed il capitano Vimes cerca di tenere in riga un misto di... persone, non tutte umane.

La città attrae tutto e tutti, ed in questo racconto al centro dell’attenzione ci sono i golem, statue di terracotta animate, che seguono le istruzioni scritte ed infilate al loro interno. Istruzioni si, ma hanno comunque una personalità, idee, progetti per il futuro. Questi potrebbero non andare d’accordo con chi si aspetta docile manodopera a basso costo. I golem guardano sempre al proprio padrone per istruzioni, ma se un golem acquistasse sé stesso, cosa succede?

This is Ankh-Morpork, we have pronouns here.

Le storie di Pratchett come sempre riflettono il nostro mondo: i golem prima di tutto, ma anche il nano che cerca di esprimere la sua femminilità in un ambiente di lavoro maschilista, o il licantropo discriminato. Per essere un libro degli anni ‘90, è decisamente moderno — oppure erano i libri che leggevo allora ad essere all’antica?

Bastano un fine settimana ed un paio di viaggi in treno a completare Feet of Clay. Tutti i libri di Pratchett si leggono velocemente, con il sorriso sulle labbra. Quanti me ne rimangono? Non sono certo. Cosa farò una volta letta tutta la serie? Dispero, magari ricomincio?