Embassytown

China Miéville, 2011

“È il mio preferito di Miéville” mi dice il cassiere, nella libreria deserta delle 18:58. A lettura conclusa direi che Embassytown non è il mio preferito (ho un immotivato debole sia per The City and The City che per Kraken), ma credo sia la migliore opera di China Miéville pubblicata finora. Una storia ben costruita, un universo interessante (o tre?), e personaggi che vanno da qualche parte. La costa della mia edizione è anche un bel verde.

Ho appena finito di lamentarmi di leggere troppa fantascienza, ma apro l’anno con questo libro senza vergogna. L’ho preso e rimesso sullo scaffale fin troppe volte, indeciso ed un poco colpevole all'idea di fissarmi su un autore. All'ultima ripetizione di questo movimento, prima di Natale, ho notato in seconda pagina uno spezzone dove Ursula Le Guin ha solo buone parole sul libro. Di lei, ho pensato, posso fidarmi.

Embassytown è una colonia su un pianeta inospitale agli essere umani, che si sono insediati solo con l’aiuto della popolazione locale e della loro tecnologia a base di bislacche creature. Comunicano solo con un curioso Linguaggio a due voci. Il Linguaggio merita la maiuscola, perché è uno dei protagonisti in questo racconto. Oltre a richiedere due bocche per interlocutore—un alieno, oppure due persone—è innato negli autoctoni. Forse per questo può solo descrivere: gli alieni faticano con gli ipotetici, sono affascinati dalla possibilità di mentire, e giocano con maldestre similitudini. Ma non potendo inventarle, costruiscono strane situazioni nel mondo reale per poi descriverle, ed adottarle nel Linguaggio.

La colonia cresce, ai confini di un universo esplorato via... una specie di iperspazio che esiste prima, durante, e dopo l’universo. In cui qualcuno ha costruito fari per aiutare la navigazione, per poi sparire nel nulla. Il mal-di-iperspazio è pesantissimo, e pochi riescono a restare in piedi durante un attraversamento. A differenza del Linguaggio, l’iperspazio non ha un ruolo attivo nella storia, ma rallenta, crea distanza fra la colonia ed i mondi più civilizzati. Così quando Le Cose Vanno Storte™, la colonia è sola ad affrontare... la storia del libro. Che è bello e vi suggerisco di leggere, invece di soffrirne qua un mio riassunto.

Approvato. Un giorno potrebbe meritare una seconda lettura, chissà.