Charles de Gaulle
Le complicazioni del Terminal 2 (da Wikipedia)
Dopo Schiphol non era mia intenzione cominciare una serie di post sugli hub europei. Ma settimana scorsa ho speso troppo tempo all'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, e mi sembra giusto prendere appunti.
Premessa: il traffico aereo soffre ancora per i postumi de La Situazione. Durante la bassa marea di viaggiatori del 2020-2021, gli aeroporti hanno perso o licenziato una grossa percentuale dello staff di terra. Ora i passeggeri sono tornati, ma mancano ancora i dipendenti. Era un disastro l’anno scorso, e perdura quest’estate: vanno ritrovate persone con la necessaria esperienza, ed i controlli di sicurezza pre-assunzione richiedono anche mesi. Risultato, mentre gli aerei viaggiano come prima, a terra tutto si muove lentamente. Il minimo problema e tutto si inceppa. Ognuno dei quattro voli di quest’ultima vacanza è partito con un ritardo fra i 45 minuti e le due ore. Ringrazio Trenitalia per aver garantito simili ritardi sui treni, così tutto si è allineato.
Parigi quindi. Sono sulla via del ritorno, con scalo in Francia. Decollo dalla Malpensa con due ore di ritardo: c’è voluto troppo per caricare i bagagli, abbiamo perso il posto in coda, ed è calata la sera. L’aereo si stacca dalla pista più o meno alla stessa ora a cui avrei dovuto imbarcarmi sulla seconda tratta. La coincidenza è persa, e mi ritrovo a Charles de Gaulle alle dieci di sera. Air France fa il suo dovere: mi nutre, mi trova un volo la mattina seguente, ed un posto dove dormire. Mi faccio ripetere le istruzioni per arrivare all'albergo, stringo le cinghie dello zaino, e mi avvio. Adoro un aeroporto semivuoto, in particolare la sera, quando l'inclemente illuminazione interna fa sparire il mondo fuori dalle vetrate. Le serrande si abbassano, sparisce la massa dei viaggiatori, e spuntano gli addetti delle pulizie. Si muovono con più calma, nel silenzio. Un solitario passeggero—a volte sono io—corre verso un gate in chiusura. Stavolta sono solo, non ho responsabilità immediate, ed è sabato sera. L’inaspettata avventura a Charles de Gaulle mi da gioia.
Geometrie non euclidee?
Il Terminal 2 a cui sono atterrato è una serie di edifici dalle strane forme: lunghi corridoi cilindrici in cemento armato, qua e la a vista, collegati da tunnel, ponti, scale mobili. Il caos visto da vicino, un grande piano sulla cartina. Trenini automatici collegano varie sezioni, stazioni, e gli altri terminal. In mezzo la stazione ferroviaria vera e propria, con tanto di TGV. Per completare l’ambientazione pioviggina, e tutto prende una sfumatura di fantascienza: luci fluorescenti, strutture assurde, schermi ovunque, piatti e curvi. Dietro ad un intreccio di cavalcavia e strutture scorgo corridoi lontani, altrettanto illuminati, ed un tapis roulant come quello che sto percorrendo, con un singolo viaggiatore. Forse la curvatura dello spazio è cambiata, e sto guardando me stesso? Difficile a dirsi.
Il trenino arancione accelera nella notte, con il gradiente artificiale dei veicoli autonomi, e mi porta al Terminal 3. Nell'atrio dell'hotel Ibis subito accanto, dove ho la stanza prenotata, c’è una scrivania “Voli cancellati”. Salgo al decimo piano, passo la scheda sulla serratura, ed entro nella stanza buia, illuminata attraverso la piccola finestra dal cielo color televisione-sintonizzata-su-un-canale-morto. Tolgo il terminale dallo zaino, mi collego alla rete dati che avvolge il pianeta, e rassicuro La Mamma che ho un posto dove dormire.
Tragitto opposto la mattina: ascensore verso il piano terra e la colazione, trenino verso il Terminal 2, scale e tunnel verso la sezione 2E, ulteriore navetta autonoma verso l’edificio con i gate L. A quest’ora l’umanità ha già ripreso possesso dell’aeroporto, riportandolo nel presente. Restano angoli surreali: l’enorme statua di un gatto appisolato blocca la luce del sole, in fondo all'atrio. Passo davanti a negozi così disumani, che mi fermo a fotografarli (previo assenso del commesso o guardiano). Borsette, borsette, borsette. Profumi, poco nutrimento, e non vedo libri. Mi imbarco e scappo, con altri 45 minuti di ritardo.
Neanche i batteri
CDG è una struttura immensa, un labirinto in cui nessun gomitolo potrebbe aiutare—rimarrebbe subito impigliato in una scala mobile. È cresciuto attraverso, ed ancora contiene, molteplici visioni del futuro e dell’aviazione. Il jumbo jet, il Concorde, gli sciami delle compagnie low-cost. Futuri che non sono andati nella direzione prevista, ed ora rappresentano passati alternativi, solidificati nel cemento. Escono la notte, se siete li a vederli.