Articoli per febbraio 2022

Limbo

Il protagonista di Limbo, su una barca Tipico fiume del Limbo

Ho una semi-dimenticata collezione di giochi su Humble Bundle, acquistata nei primi anni del servizio, prima che diventasse poco più di una facciata per Steam. Ogni tanto me ne ricordo, e scovo uno o l’altro gioco che non ho mai toccato, perso nella massa dei bundle. Questo è capitato di nuovo all’inizio dell’anno, quando ho scaricato Limbo.

Limbo è un platform bidimensionale. È lineare, difficile e crudele. La grafica è unica ed interessante, ispirata alla filmografia tedesca degli anni ‘20. L’intero gioco è in bianco e nero, fatto solo di sagome e luci, ombre e nebbia, ma pieno di dettagli.

Gabbie in Limbo Inquietante, e mai spiegato

Il gioco è diviso in capitoli sequenziali, ognuno costruito attorno ad un puzzle. Le meccaniche sono introdotte via esempi educativi—spesso uccidendo il protagonista—ed il passo successivo è utilizzarle in intricati puzzle. Poi via, introduce un’altra meccanica senza noiose ripetizioni, integrando nuovo e vecchio in capitoli sempre più complessi.

La morte è prevista, ed è il principale metodo di esplorazione. Il gioco ti rimette subito all’inizio del capito, e come in VVVVVV sei subito pronto a morire di nuovo. Fallire in Limbo è grafico e personale: il povero bambino finisce affogato, mangiato, smembrato, schiacciato, bruciato... sempre in bianco e nero.

Dopo pochi capitoli, diventa chiaro quanto lavoro sia andato in questo gioco. Tutto è misurato, bilanciato, raffinato. La difficoltà è appena inferiore a quella che potrebbe causare frustrazione, e nel momento in cui mi sono chiesto “quanto sarà lungo questo gioco?”, è improvvisamente finito. Breve esattamente come un buon libro, e non per caso.

Il gioco cerca di essere arte, e direi che ci riesce. In particolare—e forse putroppo—nella storia poco chiara. C’è un mondo ricco sullo sfondo, ma difficile da comprendere. Qua e la ci sono dettagli inquietanti, ma nessuna spiegazione.

Ho finito Limbo in un paio di sedute. Lo scopro con solo 10 anni di ritardo, quando le celebrazioni sono ormai nel passato, ma ne sono assai felice. Conto di rivistarlo in futuro, magari su uno schermo più grande, e calma ed attenzione.

Corker Medium

Tre zaini Felicità è uno zaino sotto il sole

Più o meno quindici anni fa ricevevo in regalo un curioso zaino con la cerniera lampo sul lato. La cosa mi aveva reso talmente felice da finire in un post, con tanto di fotografia. Dal 2007 ad oggi sono cambiate tante, tante cose, ma lo zaino—il modello almeno—continua ad accompagnarmi.

L’ho portato a casa da un negozio di Borlänge (no, non riuscirete mai a pronunciarlo correttamente), in Svezia, dove stavo passando le vacanze di Natale. Ero stato attratto dalle medie dimensioni e dal verde luminoso, ma soprattutto dall’enorme apertura laterale: un intero lato dello zaino si spalanca, rendendo tutti i contenuti visibili ed immediatamente accessibili.

Gli zaini Corker sono prodotti dalla Haglöfs, una ditta svedese che al tempo era mezza sconosciuta oltreconfine. Scavando su Wikipedia, scopro che era stata fondata proprio vicino a Borlänge ad inizio ‘900, ma aveva iniziato ad espandersi fuori dai paesi scandinavi solo ad inizio millennio. In patria, il marchio era ben noto: ho confuso più svedesi che mi avevano preso per un compatriota basandosi sullo zaino che indossavo.

La marca è ora più nota, e questi zaini si trovano ovunque. Ed è giusto così, sono ottimi e durevoli! Come il miglior bagaglio, hanno accesso a dimensioni parallele e riescono a contenere più di quello che sembra ragionevole. Esco assai di rado senza il mio: mi accompagna quando faccio una scampagnata, od in città per negozi, ma anche quando vado a lavorare. L’apertura laterale è ottima in bicicletta, perché permette di infilare una mano dentro lasciandolo su una spalla. La tasca superiore è raggiungibile dietro al collo, per pescare chiavi o portafoglio senza fatica.

Il volume è perfetto per stare via un fine-settimana: un paio di vestiti di ricambio, portatile e macchina fotografica, magari un libro ed uno spuntino in cima a tutto. Quando è troppo piccolo, è abbastanza leggero da portarlo in più se sono via per parecchi giorni: lo metto spesso in valigia, oppure dentro a zaini più grossi. È un oggetto affidabile, che crea possibilità e non da fastidio.

Zaino aperto

Quindici anni, e come potete vedere ne sono ancora entusiasta. Ed è un entusiasmo contagioso, perché almeno altre sei persone che ne hanno comprato uno dopo averne parlato con me.

Ahimè ho rotto l’originale cinque o sei anni fa, cercando di forzare al suo interno più scatole di quante ne potesse contenere. Uno spigolo appuntito aveva rovinato la zip, e la zip è essenziale. Un breve periodo di tristezza, e poi ne ho comprato uno nuovo. Verde scuro, l’arancione putroppo era finito!

Scossone

L'anno già era cominciato in modo un po' complesso, ma mi ero messo d'impegno. Correre, scrivere, fare cose utili, evitare di preoccuparmi troppo di pandemie e simili. In particolare abituarmi alle divergenti opinioni fra me e il resto della città, la fuori, che ha deciso che tutto è a posto.

Guardo così alla settimana scorsa con stupore e curioso interesse: ciliegina sulla torta degli ultimi anni, si apre un fronte sul confine est dell'Europa, ed il mondo cambia. È un misto di sgomento ed intrattenimento, dettagliato da mappe, conferenze stampa, e video di 20 secondi.

La pandemia ha impiegato più di un anno a cambiare numerose cose, nella sfera umana e sociale, principalmente a corto raggio. Gli ultimi 5 giorni sono la scossa di terremoto che riassesta le placche tettoniche della geopolitica, in tensione da anni, in un nuovo ordine. Cosa esso sia, non ne abbiamo idea. Lo scopriremo dall'altra parte.