Articoli per febbraio 2021

The Raven Tower

Ann Leckie, 2019

Finito un libro che mi è piaciuto poco, ho di solito meno energie per leggere. Questa volta, invece di prendere una pausa, ho agguantato un volume che avevo li da tempo, e prevedevo interessante ma non impegnativo. Di Ann Leckie avevo già letto la "trilogia del Redtch" (Ancillary Justice, Sword, e Mercy), e mi aspettavo qualcosa di interessante ed originale. Con una differenza però: The Raven Tower non è fantascienza, ma fantasy, almeno sulla copertina.

La storia ha come protagonista una divinità pagana, naturalista, che approccia il mondo e gli essere umani in modo assai scientifico. È uno strano punto di vista, in particolare perché esso racconta a sua volta la storia di un altro personaggio, uno scudiero, in seconda persona. Il tutto con un tono incerto, e la sensazione che molte cose rimangano nascoste: gli dei di questo mondo devono fare attenzione a quello che dicono.

Intrighi e tradimenti si susseguono, in una storia assomiglia ad una rielaborazione dell'Amleto, una che ha preso per la tangente. Gli strani personaggi sono interessanti, sia umani che divinità. Una di queste è un nugolo di zanzare!

Finito in neanche un paio di settimane, “The Raven Tower” è leggero e saporito. Lo paragonerei ad un sorbetto a fine pranzo, che ti lascia fresco e soddisfatto. Approvato e consigliato.

Scricchiolando sul vulcano

Dopo anni di pratica, so che posso fissare schermate di codice per ore e ore senza problemi. Con i giusti intervalli, uno sguardo fuori dalla finestra, due passi in cucina, una giornata può sparire nel tunnel dello sviluppo, da cui esco fresco come una rosa.

Il lavoro remoto dell'ultimo anno, invece, mi ha insegnato che dopo due-tre ore di video-chiamate, anche sparse fra mattina e pomeriggio, sono cotto. Oggi era una di quelle giornate, così alle cinque in punto sono scappato fuori a correre. Settimana scorsa avevamo neve e slittini, ma Domenica la temperatura è passata da -2 a +8°C, si è alzato il vento, e la neve è quasi sublimata.

Esco senza cappello, con solo un paio di strati caldi, giusto un attimo dopo il tramonto. Corro lungo la circonferenza del parco dietro casa, addentrandomi nel prato un po' zuppo quando devo mettere due metri fra me e la gente che passeggia, e poi mi inerpico sul tipico vulcano locale. È sera, c'è poca gente, poco rumore. È il momento giusto per ascoltare gli uccellini che attendono la primavera, e tutti gli scricchioli del corpo.

Sono decisamente fuori forma, dopo aver smesso di pedalare quotidianamente come pendolare. Il fiato almeno non è un problema, e mi permette di soffrire di meno tenendo tutto il lavoro a livello aerobico. Più fiato, meno acido lattico, insegna il saggio. La schiena si stanca presto, chiaro sintomo di troppa poltrona. Ma l'ostacolo più grosso è il “ginocchio del corridore”, l'ITBS che si fa sentire dopo qualche chilometro. Il fastidio sull'esterno della gamba sinistra è una vecchia conoscenza, ma l'indebolimento generale lo fa risaltare di più. Mi sforzo di rilassarmi nella corsa. Ascolto il fango, sciolgo le spalle, e le gambe seguono: la tensione del ginocchio diminuisce, e con essa il dolore.

In cima alla strada, il laghetto è ancora congelato. Rallento al passo, stanco. Non c'è traccia di cigni o papere, né della lontra che ogni tanto si fa fotografare dai turisti. L'unica luce è una sottilissima luna crescente, ed un paio di cani che lampeggiano su un prato. I collari luminosi sono ormai dotazione standard da queste parti.

Da li in poi è discesa. La strada completa l'anello attorno al vulcano, mentre dall'alto osservo la città che luccica nel vento, i campi da golf vuoti e silenziosi, il secondo lago-con-annessa-palude, anch'esso congelato. Sono già tornate le oche, e forse non apprezzano il silenzio.