Altri Futuri
Altri Futuri è un regalo di Natale, quindi non è colpa mia se è l'ennesimo libro di fantascienza che leggo. È qualcosa di insolito però: una raccolta di storie brevi, tutte di autori italiani. Di fronte ad un libro sottotitolato “Il meglio della fantascienza italiana indipendente 2018”, avevo aspettative medio-alte.
Apro il libro sul treno per Genova. Sto andando ad incontrare una imprecisata massa di reduci del DISI, vent'anni dopo l'immatricolazione. Il gruppo, diminuito da un numero di assenze previste ed impreviste, si sarebbe assestato in serata su una sporca mezza dozzina. Seduti attorno ad un piatto di antipasti, si discute di birre artigianali, ma soprattutto dell'ambiente lavorativo informatico della Liguria. Ascolto, per lo più, ma ogni tanto contribuisco al mugugno.
Non vorrei però lamentarmi troppo di questo volume. La maggior parte delle storie sono piacevoli, un paio interessanti. Alcune esagerano magari nell'invenzione, e mi lasciano interdetto. Una mi annoia pesantemente.
La visione fornita da un ingrandimento fulmineo della scena lo colse impreparato. Lesse su strane tavolette luminescenti un nome che non conosceva [...] Vide intrinseca a quel nome un'epopea che non avrebbe saputo nemmeno immaginare, qualcosa che parlava di solenni gesta di un semidio [...] Immagini di dominazione a contatto regolavano il sistema statale con una complessità che estendeva l'imperium sui luoghi, ma anche — “incredibile a dirsi” — sul tempo.
Mi ricorda un po' di Accelerando, fitto fitto di neologismi (e chiaramente difficile da tradurre), ma anche pesanti libri accademici. La fantascienza è stata a lungo un genere non italiano: a noi arrivano le traduzioni, buone o pedanti, di opere principalmente in inglese. Così da un lato, come celebra “Altri Futuri”, è importante notare che la qualità e quantità delle opere nostrane sono in crescita. Dall'altra, mi preoccupa leggere qualcosa che sembra proprio una di quelle traduzioni più lossy. Mi sorge il pensiero, magari pignolo ed elitario, che le storie che ho letto siano buone, ma la soglia è bassa.
Una piacevole caratteristica dell'antologia sono le brevi introduzione ad ogni racconto. Fuori dal giro del sci-fi italiano, ho scoperto pubblicazioni e premi sconosciuti. Se volessi leggere tanta fantascienza—ah!—potrei estrarne una lista di titoli. Noto anche che la maggior parte degli autori sono nati attorno agli anni '60, e mi chiedo: dove si nascondo quelli della mia generazione? O quelli ancora più giovani?
Ripenso ad un amico o due, che a volte hanno menzionato interesse nella scrittura, ma non hanno mai pubblicato nulla, o nulla di coesivo o completo. Vorrei potergli dare una spintarella motivazionale, e finalmente leggere le loro storie. Il panorama è vasto, e l'essere all'altezza è spesso un limite interno.
Raggiungo la fine del libro sul volo con cui mi lascio alle spalle la Riviera. Le vacanze sono finite, e ritorno in terra anglofona e più fantascienzoproduttiva. Devo convincere più gente a scrivere.